6 scenari sonori per la meditazione
Le vie alla meditazione sono molto personali: c’è chi non ci riesce con gli stimoli sonori e chi non ci riuscirebbe senza, c’è chi la deve praticare sempre nello stesso luogo e chi ne è indifferente.
Io medito sia con l’accompagnamento di stimoli sonori che senza ma in genere preferisco creare l’ambiente ideale con l’aiuto dei suoni.
Parlo di “suoni” non a caso perché non si tratta di musica. La mia è un’esperienza individuale: altri o altre potrebbero trovare perfetto meditare con la musica ma non è il mio caso. L’unica condizione che, dopo un po’ di tempo e molti esperimenti, ho trovato essenziale o almeno coadiuvante alla meditazione è che l’ambiente sonoro non sia musicale. Mi spiego meglio.
La musica è un linguaggio e, come tale, la mente vi presta attenzione e finisce per “seguire il discorso”, distraendosi dall’atto del meditare.
I suoni sono incoerenti, non hanno struttura. Ecco perché la mente li percepisce ma non vi cerca una struttura e non ne viene distratta.
Ho individuato sei ambienti o scenari sonori che mi aiutano a meditare. Di seguito spiego cosa sono, perché li gradisco, cosa mi provocano durante la meditazione e dove trovarli. Specifico inoltre che faccio sedute di 15 minuti, 20 al più, di meditazione. Come scritto altrove, mi baso sulla respirazione e niente più, sono autodidatta e sperimento. Quello che mi preme sempre sottolineare è che chiunque può meditare, non si tratta di un’attività complessa e anzi, è molto più naturale e spontanea di quanto si possa pensare.
Ambienti sonori
1. Rumore bianco, rosa, marrone
È definito come tipo di rumore caratterizzato dall’assenza di periodicità nel tempo e da ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze. In altre parole: è il rumore prodotto da un phon, da un’aspirapolvere o da un televisore o radio fuori frequenza. La differenza fra bianco, rosa e marrone — in termini molto semplici — è l’intensità con cui vengono percepiti. Il bianco è il più “alto”, il rosa è il medio e il marrone è il basso.
Si tratta dell’ascolto più incoerente che si possa sperimentare. L’unica affinità sonora è quella associata agli elettrodomestici che citavo prima, a cui, curiosamente, è legata però una sensazione di fastidio più che di piacevolezza. Insomma: si tratta di esperienze sonore che si rifugge più che cercare. Paradossalmente invece quando le si usa per aiutare la meditazione si finisce per non prestarvi più attenzione. Come ogni stimolo sonoro continuo e costante, il cervello finisce per non percepirlo più o, quanto meno, vi presta poca attenzione e lo considera solo uno sfondo sonoro. Non è un caso che sia usato per calmare i neonati.
Nella meditazione: lo uso raramente ma ha la capacità di creare un ambiente sonoro indifferente e, come tale, capace di accogliere qualsiasi cosa. Il che, in termini meditativi, significa che potenzialmente lascia spazio a qualsiasi visualizzazione.
Dove trovarli: iOS (non so da quale versione) ha una funzione chiamata “Suoni di sottofondo” attivabile dal pannello di controllo. Serve a facilitare la concentrazione e permette di scegliere fra diversi tipi di rumore e tra suoni ambientali (al riguardo al punto successivo). Su YouTube o su Spotify ci sono innumerevoli playlist di questo tipo.
2. Suoni ambientali naturali
In questa categoria ricadono il rumore del mare, dei boschi, della pioggia, dell’acqua che scorre.
In genere si tratta di ambienti sonori rilassanti e capaci di generare visualizzazioni legate al contesto che suscitano: se si ascolta la pioggia autunnale che cade nel bosco la mente è portata a visualizzare quel contesto, se si ascolta lo sciabordio della risacca sul molo ci si immagina con i piedi immersi nel mare ecc.
Nella meditazione: le visualizzazioni che generano, come dicevo, sono molto vivide e precise. Personalmente trovo che lo siano anche troppo e, per mia natura, sono poi portato a dettagliarle troppo, distraendomi da altre interessanti stimolazioni che altri ambienti sonori sono capaci di suscitare. La loro riconoscibilità vincola insomma la meditazione a certe immagini e non sempre è quello che chiedo alla meditazione (raramente, anzi).
Dove trovarli: come visto prima, l’iPhone ne dispone, altrimenti su YouTube o Spotify.
3. Campane tibetane
Assieme all’ambiente sonoro seguente sono quelle che tendono ad avere una qualche struttura musicale. Ma non per gli occidentali. Noi le percepiamo come contesti sonori generati da strumenti musicali ma non ne leggiamo una struttura e quindi possiamo trattenere la parte di stimolazione audio senza leggerne alcuna struttura.
Nella meditazione: quando le ascolto penso inizialmente ad ambienti legati all’oriente (templi, monaci, giardini giapponesi) ma poi mi lascio accompagnare dal flusso sonoro e visualizzo altro.
Come in qualsiasi tipo di meditazione è più importante — e, ripeto, lo dico soprattutto in riferimento alla sola mia esperienza personale — lasciarsi condurre dalla mente invece che cercare di governarla, imponendole immagini e costruzioni mentali sulle quelle stesse immagini.
Dove trovarli: questa è la playlist che uso, si trova su Spotify ma ce ne sono di analoghe anche altrove.
4. Suoni binaurali
Si tratta di un interessante fenomeno sonoro percepibile solo con gli auricolari. Le due sorgenti sonore — di frequenza generalmente inferiore a 1500 Hz — hanno uno scostamento minimo di circa 30 Hz fra un canale e l’altro. Quando vengono percepiti dal cervello, lo scostamento fra di loro genera un terzo suono “irreale” perché viene creato virtualmente e udito solo dal cervello, ma non proviene da alcuna fonte sonora.
Si tratta, come negli altri casi, di un audio incoerente, composto da suoni non strutturati in melodie. L’ascolto è generalmente molto piacevole e rilassante.
Nella meditazione: i suoni binaurali sono fra i miei preferiti. Generano molte visualizzazioni altrettanto incoerenti. A me capita per esempio di visualizzare composizioni geometriche e scenari cosmici. Ogni composizione visiva ne genera altre, in un flusso continuo e caleidoscopico. Ovviamente a me succede così, altre persone potrebbero visualizzare tutt’altro o niente.
Dove trovarli: la playlist che ascolto, sempre su Spotify.
5. Canto delle balene
Le balene cantano, o meglio, comunicano attraverso i suoni. Non capendo il loro linguaggio noi umani lo percepiamo come un insieme di suoni, ancora una volta, incoerente. L’esperienza della meditazione con il canto delle balene è abbastanza straniante all’inizio, anche perché il timbro di questi suoni è vagamente inquietante. Sapendo che si tratta di un linguaggio si è portati all’inizio a tentare di capire cosa possa significare ma quando si abbandona questo stimolo razionale incomincia il vero viaggio mentale che questo ambiente sonoro è capace di generare.
Nella meditazione: a me provoca visualizzazioni abbastanza normali e quasi quotidiane. Frammenti di vita, ricordi, niente di significativamente inusuale. La particolarità che hanno è quella di generarli senza connessioni specifiche fra di loro: è come trovarsi all’interno di un teatro in cui vengono illuminate singolarmente scene non legate l’una all’altra, come se si accendessero occhi di bue che portano l’attenzione su qualcosa.
Dove trovarli: la playlist che ascolto, sempre su Spotify. Bellissima “Ocean Journey”. Scherzo, sono tutte uguali, circa.
6. Vento di Marte
La mia più recente scoperta (non che l’abbia inventato io, s’intende) è il vento di Marte, o meglio le registrazioni audio delle sonde presenti sul pianeta.
In sé non è altro che vento, in niente diverso da quello che si può sperimentare sulla Terra in un ambiente desertico. Non essendovi vegetazione o ostacoli diversi da pietre e sabbia marziana si tratta di una forma più pura di vento: è come ascoltarlo, appunto, in purezza, senza che altri oggetti vi si frappongano modificando l’onda sonora. La qualità dell’audio non è perfetta e, almeno io, lo percepisco come composto da due tessiture sonore: un rumore di fondo, quasi un rumore bianco costante e compatto, e uno superiore e variabile, interpretato dal cervello come il vero e proprio vento. Dopo un po’ che lo si ascolta ci si diverte a indovinare le condizioni meteo e se c’è qualche tempesta in atto, ma è ovviamente solo il frutto di una suggestione.
Nella meditazione: conoscendo l’origine di quei suoni la visualizzazione primaria è quella di Marte, o almeno delle immagini che conosciamo. Ci si immedesima insomma in un veicolo stanziale e si assume il suo punto di vista, cioè l’unico che conosciamo.
Con l’andare del tempo e con la pratica anche la visualizzazione assume la composizione della sua fonte sonora, come se vi fosse un’immagine fissa di Marte (corrispondente al rumore “bianco” di fondo, probabilmente il rumore elettrostatico della registrazione) e un layer di altre immagini e visualizzazioni liberamente generate dal cervello.
Dove trovarli: 3 ore di vento di Marte, ovviamente su Spotify.
In conclusione
Come detto più volte, si tratta di esperienze puramente soggettive. Ognuno può averne di diverse e può reagire agli stimoli sonori in forme particolari o non reagire affatto.
Quello che mi ha insegnato l’ascolto di suoni incoerenti, canti delle balene o vento di Marte è l’importanza dell’educazione all’ascolto e soprattutto quanto sia gratificante prestare attenzione davvero a ciò che si percepisce e udisce.
Per questo mi diverto ad annotare altre possibili fonti sonore di rumore e suoni per provare a sperimentarle poi durante la meditazione. Ogni fonte sonora provoca qualcosa di diverso e permette alla mente di spaziare e creare visualizzazioni.