“Era gentile”
Non so se vorrei essere ricordato così
Ci sono risposte a domande classiche che ormai sono altrettanto classiche. Quando per esempio chiedono a un artista quale sia la sua opera preferita la risposta d’ordinanza è “La prossima”.
Ne ho scoperta un’altra variante. È la risposta alla domanda “Per cosa vorresti essere ricordato?”. L’intervistato smart — che evidentemente si è già sentito rivolgere la domanda molte altre volte — non si fa cogliere impreparato e risponde “Per la gentilezza”.
È una risposta che provoca un rilascio di tensione immediato: è sensibile, è intelligente, fa apparire subito la persona come a modo e delicata, come un essere umano che ha più a cura l’impressione che fa agli altri che se stesso.
Queste risposte sono solo intelligenti e sommamente furbe. E anche irritanti.
Essere ricordati per la gentilezza è bello ma è un progetto di vita? Quello per cui si dovrebbe essere ricordati lo dovrebbero scrivere sulla tua epigrafe, e mi pare che “Era gentile” non sia un gran risultato. Cioè, vorrei essere ricordato per altro, anche se è bello lasciare una dolce memoria.
Non si tratta poi nemmeno più di buon ricordo ma di sensibilità contemporanea. Come tante altre manifestazioni pure questa denuncia implicitamente il punto a cui siamo arrivati: essere gentili è una cosa rivoluzionaria o degna di nota.
Sarà pure vero ma ci aggiungo che è tristemente vero, perché esserlo è il minimo che si dovrebbe riservare a ogni persona con cui si ha qualche rapporto.
O forse siamo nell’era in cui tutto — ma proprio tutto — ha una sua interpretazione commerciale e non stento a credere che essere garbati abbia una qualche valutazione numismatica, tanto da metterlo fra un po’ pure sul curriculum di Linkedin.
Se esiste vorrei saperlo perché mi piacerebbe capitalizzare un po’ di questa ricchezza che consideravo senza valore perché scontata e invece scopro che ha pure un mercato.
“Era gentile”: pagatemi.