Credits: Tania Feghali

Ghali ha raccontato bene Milano, finalmente

Il cantante presta parole e voce al nuovo video sulla ripartenza di Milano. E lo fa bene

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Dopo il poco fortunato (diciamo) video #Milanononsiferma, avventurarsi in un’altra operazione simile avrebbe fatto tremare le vene ai polsi a chiunque. La probabilità di proseguire sul solco tracciato da quell’esperimento che, col senno di poi (anche se non bisognava aspettare molto per capire quanto fosse sbagliato) si rivelò foriero di una sfiga galattica, era tutta a sfavore di Ghali e del regista Davide Gentile. Eppure quello che hanno girato dice in un minuto e mezzo tutto quello che di buono e giusto si può dire in questo momento su Milano.

È un video che dal punto di vista della comunicazione, della tempestività e dell’estetica funziona. Non è Orson Welles, ok, ma è sicuramente distante anni luce (per fortuna) da quanto l’ha preceduto e pure dal contemporaneo video della Regione Lombardia che non commenterò, perché no.

Anni fa si parlava tanto di storytelling. Spesso confondendolo con il semplice racconto di una storia. In questo caso Ghali ne fa di un ottimo tipo eppure non racconta una storia con un inizio e una fine: racconta la Storia della Milano in questa fase storica.

Per farlo mostra delle immagini mentali che accendono memorie in chiunque: il silenzio, le fermate dei tram ferme, le moschee e le chiese chiuse, il senso della libertà che davamo tutti per scontato e di cui stiamo riscoprendo il valore ora che ci è negata o che ci viene somministrata a piccole dosi.

Mascherine ci fanno ormai da grembiule
in questa grande scuola
e ricordano che siamo tutti uguali.

Ghali accende un’altra memoria: quella dei grembiuli che tutti indossavamo per eliminare ogni differenza, la scuola, quell’essere in fondo tutti simili pur sapendo di essere diversi. Ma con qualcosa che ci accomunava: un grembiule che diventa una mascherina.

Milano anche il cielo si è fatto bello.

Un altro riferimento a qualcosa che tutti hanno notato e che ci ha accomunati: diminuito o annullato lo smog, il cielo era finalmente visibile, finalmente bellissimo.

Se ci si fa caso, Ghali usa parole e immagini che mettono insieme più che dividere. Usare il solo messaggio della produttività di Milano (che è elevatissima, che questo virus ha messo in crisi, che “fateci lavorare”) esclude chi un lavoro non ce l’aveva o non ce l’ha più e che è comunque cittadino di Milano. Ma quello di Ghali è un messaggio sociale che riguarda tutti e che non deve escludere nessuno.

La forza delle parole

Il testo di “Un passo alla volta” non l’ha scritto Pirandello o Calvino ma l’ha scritto chi sa usare le parole. Molto bene. Non sono belle parole ma sono parole giuste, usate nel contesto giusto, per veicolare un messaggio utile, che è alla fine un invito a sentirsi uniti e solidali nel rispettare le regole di distanziamento sociale e di utilizzo delle protezioni.

Il nostro amore per l’estetica spesso trascende nel suo feticismo. Invece le parole possono e devono essere funzionali a un messaggio, specie quando questo è molto importante, come in questo caso.

Ricordo vagamente quelle di #milanononsiferma e non ho neanche voglia di riascoltarle. Immagino che volessero rassicurare e basta. Un wishful thinking che si è trasformato in un incubo. Quelle di Ghali raccontano una storia che tutti conoscono ma mette in ordine delle immagini, le usa per avvicinare le persone, le impiega per indicare una direzione e uno scopo.

Facciamo un passo alla volta. Milano si sta rimettendo in piedi. Un po’ alla volta capiremo come.

Di certo c’è più onestà in un messaggio del genere che in quello che dice che “Milano porta a casa risultati impensabili” (sì, l’ho rivisto e diceva una cosa del genere, diomio).

C’è un altro motivo per il quale questo video funziona: non parla mai di lavoro. Mai.
Non so se volutamente o meno ma il lasciare fuori dalla narrazione questo elemento imperante fino alla nausea è stato molto intelligente. Tra l’altro dovrebbe indicare anche un futuro possibile per Milano che riassumo così:

Sì, Milano è fondata sul lavoro, a Milano il lavoro è importantissimo ma: ma Milano è anche oltre il lavoro, Milano crea, Milano è molte altre cose. Milano è anche lavoro. Ma non solo.

Questo dovrebbe essere un possibile Manifesto per la Milano del Futuro e l’ha individuato un cantante figlio di tunisini, milanesissimo e soprattutto emblema della Milano che è già e che sarà sempre di più, anche come forma di Italia possibile, plausibile e auspicabile.
Ghali ha saputo raccontarla, scrivendola e descrivendola benissimo, non parlando mai di lavoro ma semmai di chi lavora (“camerieri diventati cuochi”).

Non so se avesse voluto scientificamente escludere il lavoro, se avesse capito che oggi è un elemento divisivo più che inclusivo. Forse è semplicemente troppo delicato parlarne e non è nemmeno lo scopo di questo video che, appunto, ha uno scopo informativo e non motivante e che si concentra più su quello che accomuna che su quello che rende Milano diversa, più ricca, più forte, più creativa, più internazionale.

Non parla di valori astratti ma rimette al centro la persona attraverso esperienze e sensazioni che chiunque può provare. Racconta, alla fine, una storia comune che è fatta delle mille storie che molti o quasi tutti possono raccontare.

Sono piccoli frammenti da cui ripartire per ricostruire una nuova immagine di Milano e dell’Italia che bisogna iniziare a rimettere insieme.

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Martino Pietropoli
Martino Pietropoli

Written by Martino Pietropoli

Architect, photographer, illustrator, writer. L’Indice Totale, The Fluxus and I Love Podcasts, co-founder @ RunLovers | -> http://www.martinopietropoli.com

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