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Il sesto giorno
È quello uguale agli altri sei.
Man mano che passano le settimane — perché ormai sono 5 e saranno ancora altre 3 se non altre 5 — la percezione che questo sia un periodo particolare, una parentesi destinata a essere ricordata come un intervallo di tempo che segna un prima e un dopo, ma comunque un intervallo abbastanza lungo di giorni identici scema sempre di più.
L’effetto straniante di un fine settimana che si estende all’infinito non subisce da giorni e settimane il reset del lunedì. Non c’è un giorno che ciclicamente e settimanalmente riazzera l’orologio del calendario e fa terminare il settimo giorno e riiniziare il ciclo dal primo. È sempre tutto un sesto o un settimo giorno, a scelta. Se dovessi anzi propendere per una definizione più accurata di un’altra direi che è sempre un lungo e unico sesto giorno. Al settimo infatti sai che seguirà il primo e quindi la pausa è destinata a finire, i ritmi a cambiare, gli orari a ritornare nel loro alveo più regolare. Al sesto segue sempre un settimo ed è ancora un giorno di pausa, un filtro verso la ripresa della vita normale, lavorativa, tua o del resto del mondo, nel caso tu te ne stia in casa e a lavorare siano altri, quelli che fanno funzionare le cose, quelli che fanno sembrare che tutto sia regolare o che rendono tutto più o meno regolare.