Non ha importanza

O almeno molte cose non ce l’hanno, e la meditazione te lo insegna

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Ieri ho fatto una buona meditazione. È incredibile quanto 20 minuti di meditazione possano essere soddisfacenti — o anche deludenti — ma ieri ne ho fatti 20 davvero buoni. Come giudico se sono buoni o meno e quali elementi di interesse questo giudizio dovrebbe avere? Innanzitutto, trattandosi di meditazione, non dovrei dire che li giudico. Diciamo che se dovessi annotarli nel mio diario quotidiano — cosa che da qualche mese faccio — dovrei dargli un ottimo voto.

Meditando non si giudica, lasci solo che le cose ti accadano, le osservi e lasci che ti attraversino.

È una cosa che è bene capire fin da subito perché può demotivare molto chi si approccia alla meditazione. Se pensi ad altro e vivi nel mito distorto della meditazione come assenza di pensieri, quando ti capita di farne pensi di sbagliare qualcosa. Meditando si pensa molto invece, solo che, a differenza che nel resto della giornata, quello che pensi viene solo osservato e lasciato passare, senza giudicarlo.

Siamo così abituati a giudicare che pare strano e innaturale non farlo. Giudicando ci si misura più che misurare gli altri o il resto del mondo.

Il giudizio che diamo degli altri e delle cose è sempre un giudizio su di noi.

Per questo imparare a osservare e non giudicare è così liberatorio: non solo evita un atteggiamento che può creare disagio, ma ci allontana dalla necessità di doverci sempre e ossessivamente collocare in qualche modo rispetto a qualcosa di esterno a noi: le cose o gli altri.

Meditando si osservano i pensieri che si fanno nel resto della giornata — assieme ad altri, molti altri — senza lasciarsene influenzare e quindi senza che la loro presenza modifichi l’umore.

Non saprei altrimenti come descrivere questa esperienza se non dicendo che è come essere protetti dalla facoltà che la meditazione ci dà di non dovere avere un’opinione su tutto o di non dover provare alcuna emozione riguardo a qualsiasi cosa ci accada.

Riassumendo:

  1. Fare pensieri mentre si medita è normalissimo e non significa che non stia funzionando
  2. Non giudicare o lasciarsi influenzare da questi pensieri è normale e bisogna solo abituarsi all’idea che i pensieri possono non influenzarci come normalmente fanno
  3. Notare e osservare i pensieri e non giudicarli non significa essere passivi ma semmai imperturbabili
  4. Avere un atteggiamento diverso e non giudicante è possibile e insegna che giudicare e lasciarsi influenzare non è l’unico modo per gestire le emozioni e gli accadimenti della vita.

Qualche tempo fa ho letto un libro di Mark Manson: The Subtle Art of not giving a f*ck. Significa esattamente quello che l’asterisco lascia intendere, ossia “La sottile arte del fottersene”. La tesi di fondo è che ci preoccupiamo di troppe cose e, di conseguenza le giudichiamo. Dare però giudizi su tutto alla fine significa non dare valore a niente perché, fra tutte le cose che ci accadono, è ragionevole pensare che alcune siano più importanti di altre.

L’assunto da cui parte Manson non è che sia saggio fottersene di tutto ma che il fottersene della maggior parte delle cose che ci succedono permetta invece di averne a cuore alcune, cioè quelle davvero importanti. L’occhiello del titolo potrebbe essere “E come imparare a preoccuparsi solo delle cose importanti”.

Al di là del linguaggio volutamente provocatorio, Manson non dice qualcosa di molto diverso da quello che sto dicendo, e cioè che buona parte della nostra serenità interiore viene dal non curarsi della maggior parte delle cose che ci succedono, e dal concentrarsi su poche davvero fondamentali. Poi ognuno si sceglie le sue ma il senso è chiaro.

In realtà il libro di Manson non parla nemmeno di meditazione, anche se lui stesso la pratica. Eppure mi è tornato in mente perché evidentemente qualche sua riflessione deriva proprio dall’atteggiamento che la meditazione insegna ad avere. Cioè, principalmente, la capacità di costruire un rapporto nuovo e diverso con la vita.

Suona strano? Suona troppo difficile da mettere in pratica? In verità molto meno di quanto si pensi. Il mio atteggiamento riguardo a molte cose che mi accadono è cambiato spontaneamente proprio grazie alla meditazione e per due motivi in particolare:

  1. Perché la pratico e quindi sono più sereno e rilassato, in generale
  2. Perché quando mi succede qualcosa che potrebbe generare — anche ragionevolmente, intendiamoci — reazioni stizzite, penso “Ehi, ma io medito, la meditazione mi protegge e mi rende capace di gestire queste situazioni” e puff, magicamente mi calmo e non me la prendo più.

In definitiva la meditazione mi ha fin qui insegnato una cosa semplice eppure potente: si può avere un diverso punto di vista rispetto alla vita e alla realtà. Quello che interiorizziamo fin da bambini è che tutto ci accade per un qualche motivo e perché siamo al centro dell’universo. Tutto viene insomma giudicato nell’ottica del “Me vs il resto del mondo / la vita”. Cambiando però il punto di vista e assumendone uno più distante e soprattutto non giudicante, ci si appropria di un rapporto più sano con ciò che ci succede. Più ce ne allontaniamo e più lo vediamo come distante da noi o come qualcosa che succede, indipendentemente da noi e non riferito al nostro benessere o malessere, più siamo liberi di non curarcene e osservarlo e basta, perché in fondo non ci riguarda. Non tutto, ma in grandissima parte sì.

Uno dei grandi mali dell’era moderna — specie da quando l’individuo si considera al centro dell’universo — è che tutta la realtà, fisica e anche metafisica — viene concepita come riferita all’individuo stesso. Non è così e capire di essere indifferenti a quasi tutto e alla quasi totalità delle persone non getta nello sconforto e nella solitudine ma invece ci fa riappropriare di un rapporto più sano con la vita, perché dà il giusto valore ai rapporti umani davvero vicini e pieni e svuota completamente quelli superficiali e vacui.

In ultima analisi, non fottersene significa fottersi di poche cose: pochissime, e solo quelle che davvero meritano attenzione e cura.

La meditazione aiuta a capire quanto in verità siamo poco influenzabili e soggetti alla natura delle cose, quanto non siamo al centro di niente e quanto liberatoria possa essere questa constatazione.

La percezione che poche cose contano davvero fa capire che le poche che contano sono più importanti e interessanti della somma di tutte quelle di cui ci preoccupiamo, senza che in realtà meritino la nostra attenzione.

Ieri ho fatto una buona meditazione perché ero concentrato a non essere concentrato e perché ho visto attraversarmi la mente pensieri e ricordi e cose e li ho lasciati passare. Senza giudicarli.

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Martino Pietropoli

Architect, photographer, illustrator, writer. L’Indice Totale, The Fluxus and I Love Podcasts, co-founder @ RunLovers | -> http://www.martinopietropoli.com