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Viva la morte
La società contemporanea non ha rapporti con la morte, a parte occultarla accuratamente
Tre fatti distinti e slegati mi hanno fatto riflettere recentemente sulla morte. Non sulla “fine di tutto” in sé, quanto piuttosto sul rapporto che ne abbiamo.
Ho visto una puntata di Chef’s Table su Cecchini, il macellaio più famoso d’Italia, almeno per quanto riguarda le sue fiorentine. Spiegava che in gioventù avrebbe voluto fare il veterinario perché lui gli animali voleva salvarli. Poi la vita, come al solito, è andata per il verso che voleva e si è ritrovato nella macelleria di famiglia per proseguire la secolare tradizione. Diceva che a un certo punto era giunto a questa constatazione: che era vero che lui gli animali li uccideva e macellava, ma che il macellarli era un modo per dimostrare rispetto alla loro morte celebrandone la vita. Quegli animali avevano vissuto per finire macellati e il trattarli con rispetto in morte, senza buttarne via niente, era un modo per dare un senso alla loro vita.
Contemporaneamente ho scoperto il senso delle festa giapponese delle lanterne, od “Obon”: è una ricorrenza molto sentita dai giapponesi che si svolge ogni anno dal 13 al 16 agosto. In quei giorni si celebrano i defunti e le proprie origini e molti fanno ritorno al paese natale. Ci si ricongiunge con i defunti fino all’ultimo…